A me vengono molti pensieri, ma questo è uno spettacolo sulla [pena di morte, a me vengono molti pensieri, ma questo è uno spettacolo sulla [pena di morte, a me vengono molti pensieri, ma questo è uno spettacolo sulla [pena di morte, – ricado una sera, qui evidenziata, lento e ubriaco, – qui scritto, e pensato, per recitare sul palco; triste motivo, bordo, bordo d’imbuto – lucido e furbo, con questo movente levigato da rispettare: condanna. Eh, condanna, meta assegnata, fato – Che c’entro io con la morte di stato? anarchico ubriaco, libero e fortunato scrittore, con il talento di scrittore? Male nel petto – o nel cuore non ho per parenti o amici, neanche distanti. Non l’ho mai visto, non ho mai visto uccidere né giustiziare. Ma io conosco un modo, e partecipo alle cose, un dolore mio provato – provato – un modo mio. No, io non l’ho mai visto, non mi tocca nel mio, qui in un paese, ch’è ridere la politica, Berlusconi che chissà cosa rincorre, e noi e i giornali a rincorrerlo – attenti a stanare, dubitare, temere, arrangiare, dormire, poetare. Essere santi è diverso, con spade nella gola cantare e sotto le unghie scrivere, sotto i talloni, qui, inchiodati alle assi …come quinte… Ma che non dormo lo stesso se è un altro a morire? (indicando) Sapete cosa sono le quinte?, fughe, sbarre d’uno schermo, inchiodate, Siamo tutti d’accordo che morire sta male. Criminali dati a morte; persone invise alla società, folli denaturati pazzi osceni, persone pericolose destabilizzanti; accoltellatori infanticidi, traditori e trafficanti, meschini incomprensibili. Accoltellatori, accollettatori traditori e trafficanti, meschini incomprensibili,– Moliere, morir! Come ha fatto, a che punto è arrivato,– commenti le cronache scavalcato, non ci si crede. Essere santi è diverso. Ma nel tuo piccolo va bene, cos’altro puoi fare, e nel suo piccolo è stato sgozzare, senza ironia. Vanno certe vite a questi estremi; basse volontà. Framm. num.to I C’è un coraggio cieco e liscio facile con cui è facile fare spettacoli – farli fare. Che io ho. Una tecnica che non vi dico, perché frainteso dove le parole s’incastonano risucchiate, fanno pensare al destino di un fiume. C’è terra, la terra, sul palco – prima che paesaggio. E dove correre, non c’è luogo senza così terra ai piedi, morbida. Assi del palcoscenico vecchie, vecchie ai miei piedi, e volti oscuri a cui parlare Framm. num.to II Un merito per gli scrittori per il teatro, ostinati, è resistenza e percorrere la lunga lentezza il lungo corridoio di un testo obbligato e diritto, americano nome, uomo morto in cammino. – È un po’ forzato, sembra, ma soli e liberi, liberi e soli, marciando – chi allegri chi no. Per mano a nemici a amici, tra spettri crudeli facce apparenti. Facce sempre impossibili da convincere, buone per aggrapparsi, sperare sotto le unghie – pochi ricordi: sei morente affrettato forse un giusto, innocente e fresco scrittore. Un bastardo altrimenti, cavaliere di poema (ironico) che scherzi fa la vita racconta, narra, – combinatore di pagine criticabile. C’è sempre la metà di un viaggio tra il rammarico e la pace lasciando la rabbia e essere sedati le mezze notti e i mezzogiorni – manoscritti incompleti, su cui torni e ti sono preziosi perché li stai facendo e i libri condannati, sgualcibili. Ma scrivere “fine” alla vita d’una persona? basta tentativi di sfogliare setacciare e scostare. Deciso, censurato, sentenza: morte per condanna; strappare, bruciare. Abortito. Con tutti i miei sogni Framm. num.to II/bis (dopo la morte) Ho ventisette anni. La vita Mi sgorga dal cuore impetuosa E innocente, come la piena Del fiume corre, Supera, imbeve le dune Dell’argine, sacre. Sono un colpo di pistola sparato in strada, sono cristalli di droga Che strappano, sono l’acqua piena di luce e che annega, poi tace. Danzo, sono fuoco, altalena Sono la freccia, esplosa, scoccata, tigre che vola, l’angelo, Indosso una camicia candida Trafitta, sono scorribanda, Girotondo, sono girandola, Sono testa calda, delirio, (ride) Sono veleno, sono bevuta di risa, Gas esilarante, sono, Morte ho dato, Preso, morte sconfiggo. Framm. num.to IV Ho sempre biasimato i borghesi, la gioia spinta alla vita, senza morte; senza morte, una vita lunga, allungata, conveniente… convenientemente lunga, allungata. Sopravvivere.– Sopravvivere, spendere ancora, oggi, vedere svilita la giovinezza, annacquata la botte. Solo questa massa, un cumulo del tempo, che dà anche la vista della ripetizione, è cambiato poco qui è tornato simile, ha preso un corso, la stessa mia vita, un corso impercettibile d’una curva senza sbando, senza morte, fortunata strada. E tutto è meno bambino, le cose che si fanno anche sono ingrandite, ma non si sta male: si guarda così lontano. E sembra d’avere un passato insormontabile, conoscenze, ricordi di tutto. E un senso d’inutile adesso che rende saggio morire. Ma no, folle, folle sorriso, inventato, ammiccato, occhiolino strizzato, fatta sorpresa, gesto o carezza, voltare pagina. No non voglio morire, ma no, fregato Framm. num.to V Faccio un teatro primitivo, io sono qui sopra a morire, io messo a morte qui sopra – Un teatro di consumo supplenza, per un pubblico grossolano Questo spettacolo che è la mia morte vera, quegli spettatori che si possono chiamare – retorica – assassini, o meno, uccisori, io muoio di fronte a un pubblico i cui spettacoli teatrali sono contenuti, forse – stretti. Vittime, anche, questi spettatori, ora riempiono i loro occhi di biglietti. Avidi. Come riempivo io i miei di crimini. Vita. Di azioni sopraffatte – complici. E fuori da me. Mi domando se alla nascita della scrittura ha seguito l’uccisione in giusta coscienza, comoda sceneggiatura, sceneggiatura e vendetta, vendetta ora scritta – sancita coreografata. – Oggi, questi teatri affollati, cosa richiama i presenti? con forza? oggi? ucciso vi riempio il cuore, freddamente ucciso, non v’intendete voi di sentimenti? Non sono recuperabile, io, è vero *tanti ci hanno provato, io tento inutilmente di dissuadervi. Ricordo come nulla ha fermato me. Vi ho fatto soffrire, lo noto, ora, nella calma, prurito, solletico, burla, lo vedo, ora e qui, aggiustare, pentirmi, io, scivolare su parole più furbe di me. Framm. num.to VI io sto durando – le feste mi muoiono addosso, come onde alla spiaggia dorata sto durando, e amo molto questa lentezza nel morire – tempo speciale, colmo di scene prospettive visioni chiuse e dettate, dirette, strette – forate e piene di pianto, e piene di tempo visto e sentito, tenuto, vivido… insomma un mondo negativo, circondato. Il senso, avido calmo, lo perdo, quel comune significato, e i ricordi mi affliggono